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Paura della morte
Pensiero, mente e cervello

Vivi piano, muori con calma

🥶​La prima causa di morte è la vita!

Troppo scontato, vero? Eppure, con la stessa acrobazia semantica, molti finiscono per giustificare a sé stessi una condotta para-suicidaria, più o meno consapevole.
È assolutamente vero che non bisogna smettere di vivere per paura di morire. Ma questo non significa che sia giusto rimpinzarsi di cibo fino a esplodere; andare a dormire ogni sera imbevuti come lo stoppino di una lampada ad alcool; sfidare la sorte in attività sportive pericolose — amatoriali. Ammazzarsi per lavoro è arte Sapiens! — solo per raccontarsi quanto si è stati bravtunati; oppure fumare così tanta marijuana che un pensiero ci mette più di Colombo ad arrivare da una costa all’altra, con la sola differenza che ogni volta si crede di aver scoperto un nuovo mondo.
E per noi, consumatori di nicotina — c’era una volta il solo tabacco — dovrebbe essere chiaro: si tratta di una droga che dà dipendenza. Polmoni e mucose, ormai in sciopero bianco, invocano clemenza. Un buon sigaro con un bicchier di whisky invecchiato, è un bel danno legalizzato, da infliggersi con parsimonia😉.

Per chi invece si fa travolgere dall'ansia del fatidico momento, respiri lentamente e tenga presente che: si tratta di un programma automatico inserito da madre evoluzione per sfuggire al Tristo Mietitore, che è già sovraccarico di lavoro con chi lo cerca esplicitamente.
Se non le cerchi, il tuo cervello è ben attrezzato per schivare le principali insidie: è il frutto di almeno 600 milioni di anni di evoluzione.
Non temere. Un po' di timore è naturale. È chi ne è completamente privo che rischia grosso.

Per passare a questioni più tecniche su questo "simpatico" (nel senso che stimola il sistema nervoso simpatico🥶) argomento:

nello specchietto sotto (causa di morte: essere vivi) sono riportati i dati del 2019.
Visualizzazione grafica delle cause di morte nel mondo nel 2019, con dati su malattie cardiache, cancro, infezioni, incidenti e suicidi.
Si nota, ad esempio, che le morti annuali per suicidio (1,3%) superano quelle dovute a omicidio, guerre e terrorismo (quest’ultimo rappresenta lo 0,05% del totale).
E i governi? In quale di queste ultime cause spendono di più?
Certo, la questione è sicuramente più complessa di così… ma fa riflettere.

(Invece di tradurre tutto, suggerisco di puntare lo smartphone sull’immagine e lasciare fare a Google, come ha fatto il sottoscritto per le parole troppo “distanti” dall’italiano.)

Per chi vuole approfondire dati e numeri:


Il pensiero di un fisico

Analizzare e percorrere l'argomento in termini antropologici, psicologici e culturali — per non parlare della filosofia tanto interessante quanto "emicranica" — è un cammino lungo e tortuoso (c'è chi è morto prima di terminarlo🥶). Quindi si è preferito dirla con le parole di un fisico di tutto rispetto.

Difficile immaginare una spiegazione più elegante e fondata di quella esposta sotto.
Al contempo fornisce uno spunto per comprendere come interagiscono funzioni istintive inconsce, memoria e processi cognitivi consapevoli.
 
“La paura della morte mi sembra un errore dell'evoluzione: molti animali hanno un'istintiva reazione di terrore e fuga se si avvicina un predatore. È reazione sana, permette loro di scampare pericoli. Ma è un terrore che dura un attimo, non qualcosa che permane. La stessa selezione ha generato questi scimmioni spelacchiati con lobi frontali ipertrofici dall'esagerata capacità di prevedere il futuro. Prerogativa che certo aiuta, ma che ha messo noi scimmioni davanti alla visione della morte inevitabile; e questa accende l'istinto di terrore e fuga dai predatori. Insomma, penso che la paura della morte sia un'accidentale e sciocca interferenza fra due pressioni evolutive indipendenti, un prodotto di cattive connessioni automatiche nel nostro cervello, non qualcosa che per noi abbia utilità o senso.”
 
Carlo Rovelli, L’ordine del tempo (pp174-175)
Adelphi Edizioni 2017
 
 
 

🛟 Nota importante:
Se questo argomento ti provoca un’ansia difficile da gestire, sappi che non è un segno di debolezza.
Alcuni pensieri sono semplicemente troppo intensi per essere affrontati da soli.
Rivolgersi a un professionista per chiedere aiuto è un atto di forza.
Questo testo non sostituisce un aiuto psicologico e non va usato come strumento per affrontare situazioni emotive troppo dolorose.

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